Valle Po_Punta Tivoli o Bric Arpiol




Da quando è iniziato l’inverno, ormai è tappa fissa essere in Valle Po, scoprendola poco per volta; ha un fascino particolare, è una terra ancora selvaggia con la capacità unica di sorprendermi ogni volta, e mi dona serenità e tranquillità.



Sono diventata così un escursionista un po’ atipica, quando racconto agli amici che la sto girando praticamente da sola, mi guardano stralunati, chiedendomi se non è pericoloso avventurarsi lungo i tanti sentieri in completa solitudine.



Premetto che non mi dispiace la compagnia, anzi, come dicono gli amici, ho la capacità di parlare anche con le pietre, ma ultimamente ricerco nella quiete un nuovo modo per assaporare quella magia che la montagna trasmette. 

Ed eccomi qui pronta per una nuova avventura.



Ho da poco lasciato l’Agriturismo La Virginia, dove ho pernottato in questi due giorni; il proprietario Gianfranco Battisti, mi ha suggerito una località di cui ho sempre sentito parlare, ma che non ho ancora avuto occasione di andare: è Punta Tivoli anche chiamata Bric Arpiol a 1791 m.



Parto verso le 9:00 del mattino dopo un abbondante colazione; la giornata è un po’ incerta, nuvolosa, ma al mio arrivo ad Oncino la giornata si trasforma, grazie al vento che soffia sui monti, il sole splende e la Valle si illumina.



Parcheggio nel piazzale di Oncino e mi incammino verso la strada che porta al Tirolo.

La strada la conosco, fin da bambina soggiornavo in questi monti, che sono alquanto familiari.
Il silenzio è assoluto, qualche cinguettio mi fa compagnia. 



Arrivo al bivio e sono costretta a infilarmi i ramponcini da ghiaccio, nei giorni scorsi ha nevicato ed il manto stradale è ghiacciato.



Arrivo così fino ai Porcili; le poche case sono deserte, i tetti ricoperti dalla neve, il silenzio assoluto.
Respiro profondamente, l’aria è pulita e il sole caldo.



Prendo la macchina fotografica e scatto qualche immagine di questo luogo per averne un ricordo.
La macchina fotografica serve proprio a questo, cristallizzare i momenti per poi rielaborarli successivamente.



Lungo il cammino noto delle tracce, qualche capriolo mi ha preceduto lungo il sentiero che in estate è una strada sterrata che porta fino a Punta Tirolo.



Dopo circa due ore di cammino riconosco la borgata Paschie e appare il Monviso in tutto il suo splendore.



Riprendo fiato, fa caldo. 



Le temperature sono strane ultimamente, pare essere in primavera, sono costretta a spogliarmi e risistemare le zaino.



Il peso è un po’ eccessivo; anche se non ho con me il teleobiettivo, troppo pesante, comunque, la casetta (come la chiamo io) pesa sulle spalle.



Proseguo il percorso; più avanti sento delle voci, non sono sola in montagna, qualche escursionista mi ha preceduto; vedo anche dalle orme, credo che siano in quattro o forse più.



Arrivo in un altra borgata, anche questa completamente immersa nella neve e nel silenzio ovattato, e poco dopo vedo un pilone votivo dedicato ai Santi Chiaffredo e Pancrazio.



Riprendo il cammino lungo un rettilineo finché vedo alla mia destra il monte Tivoli e la sua croce, ormai sono quasi alla meta, anche se ci metto più di un ora ad arrivare.



Con il Monviso sempre di fronte, davanti a me si apre una pianura immensa, che d’estate certamente sarà di un verde brillante; è la borgata Tirolo, qualche casa rimasta in piedi è ricoperta dalla coltre di neve, un cartello mi dice “quota 1618 m.”



Mi soffermo un attimo per ammirare il panorama idilliaco, sono quasi arrivata, ancora un ultimo sforzo, solo qualche centinaio di metri e sarò in punta.



Finalmente sono davanti alla croce, il panorama che si presenta è stupendo; il Monviso e il Viso Mozzo sono alle  mie spalle, talmente vicini che ho quasi l’impressione che si possano toccare con le mani, alla mia sinistra, girandomi con il corpo a 360 gradi, scorgo a sinistra, Crissolo e le sue piste da sci, poco più in la, Punta Ostanetta, davanti a me la vallata si apre e il Monte Bracco sale come se fosse una bella ciambella, girandomi ancora, verso destra il resto della catena montuosa, fino a ritrovarmi nuovamente davanti al Monviso.


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Guardo l’ora sono le 14:00, il sole è ancora alto, mi fermo sistemo il cavalletto ed inizio a scattare alcune immagini e qualche video.



La felicità e l’emozione è grande, mi riempie il cuore, sono contentissima di essere arrivata fin lì da sola.



Il silenzio è totale, la pace e la serenità; sarà per via del panorama mozzafiato, mi sento un tutt’uno con quello che mi circonda.

I monti innevati sono un bellissimo quadro.



Mi avvicino alla croce in ferro, vi è racchiusa una statuetta, una Madonna e al suo interno la foto di una giovane donna, che riposa insieme a Lei. 


Ho un attimo di tristezza, il mio pensiero va a lei, alla sua giovane vita; quell’immagine parla da sola. 
Lei, come me, amava queste montagne e ora tutto mi fa pensare che non c’è più. 
Non ricordo il nome in didascalia, ma solo la dedica di qualche amico o familiare che le voleva bene.


Solo allora mi accorgo tristemente, che a qualche centinaio di metri alla croce, vi è un pannello di colore grigio; è un pugno in un occhio fra tanta bellezza, dalle fattezze credo che sia un ripetitore e rovina  irrimediabilmente le immagini e le riprese.
Riprendo così le mie cose e torno indietro.




Lungo il percorso ogni tanto mi soffermo per dare un ultimo sguardo a quello che sto lasciando; la tristezza scompare ripensando che presto ritornerò.




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