Transumanza 2018 Fabio Barreri



Sono appena tornata dalla mia Valle Po ed è stato un fine settimana ricco di emozioni, per la seconda volta ho partecipato alla Transumanza in Alpeggio grazie al  Margaro Fabio Barreri.

(se ti sei perso/o la prima la trovi qui in questo link 


Posso dire che conosco Fabio, fin da bambino ed ho di lui un ricordo nitido: sui 5/6 anni, calzoncini corti, giubbottino, stivali e con occhietti neri, grandi e furbetti.

Mi parlava allora in mezzo piemontese e mezzo italiano, e mentre lo osservavo, aveva l’argento vivo addosso, correva saltava come uno stambecco, non stava mai fermo.

Quante estati ho passato su in quella bella borgata di Oncino, allora  appena terminava la scuola, andavo su da mia nonna.

Sono le estati più belle che abbia vissuto, in mezzo alla natura, su e giù per i monti, sempre alla ricerca di scoprire nuovi luoghi e di avvistare qualche animale, in particolare mi piaceva osservare le marmotte  che si nascondevano nelle loro tane o aguzzare la vista se intravedevo qualche aquila o falco lassù nel cielo volteggiare.


In uno di quei giorni passati a vagare nel sottobosco ho incontrato persino un cervo.
Era vicino ad una cascata, riposava, quando mi ha sentito arrivare si è alzato di scatto; era maestoso, con un palco possente; è stato un attimo, il tempo di incrociare i nostri sguardi, e con un balzo saltò via.


Ho sempre amato quel luogo.

Quando ho incontrato Fabio, sabato mattina alle 5:30 l’ho guardato, ci siamo salutati, quel bel bambino che io ricordavo era davanti a me diventato uomo.



Il tempo dei saluti e delle presentazioni, e si riprende il lavoro, far scendere la mandria dai  camion e condurla in un recinto che la accoglierà  temporaneamente.

Con lui sono presenti una decina di amici, gli danno una mano per condurre la mandria su al pascolo; il gruppo è affiatato, coeso, allegro, parlano tutti in uno stretto piemontese che stento a volte a capire.

Si prende il caffè e si parte.

Mi apposto davanti per poter riprendere la partenza; la mandria passa, il suono dei campanacci risuona in valle, ed io mi sento carica e piena di energia.


Il passo è veloce, ogni volta che mi fermo per fotografare devo correre per raggiungere la mandria.

All’arrivo ad Oncino, facciamo una sosta; la mandria è agitata vuole muoversi, i campanacci e muggiti risuonavano in tutto il paese.

La gente del posto ci accoglie gioiosa, riprende video, fa foto e saluta.

Si riparte quando Fabio, con un fischio, da ordine di far muovere la mandria.

Lungo il percorso, bellissimi boschi in fiore e tristi borgate silenziose.


In cento anni, a partir dal 1910, le case sono state abbandonate dalla popolazione, arrivando allo spopolamento più completo.
La guerra del 15-18 e poi quella del 40-45, hanno richiesto un pesante tributo agli uomini di queste montagne.  L’industrializzazione del dopo guerra ha dato poi il colpo di grazia alle vallate; la forte richiesta di manodopera nelle fabbriche (FIAT) ha provocato un vero esodo con il conseguente declino e spopolamento e abbandono della montagna.
Si vedono lungo il percorso tanti tetti sventrati e scheletri di case in pietra.
Desolazione.  

Riprendo il cammino cercando di sviare questi tristi pensieri; guardo Fabio davanti a me, incita la mandria a restar unita,   allegro e sorridente, ogni tanto sento i suoi occhi che mi osservano e mi scrutano oltre alle bestie controlla anche lo stato dei suoi aiutanti ed ospiti.


La transumanza dura un po' più di due ore; quando dietro una curva spunta la Rocca Bianca, guardo l’ora sono le 8:00 del mattino e un raggio di sole illumina la vallata che si risveglia dalla nebbia.


La mandria accorre nel prato sottostante ed inizia a pascolare tranquillamente.

Mi ambiento, scatto qualche foto del paesaggio e raggiungo gli amici di Fabio; scherzano e ridono, mentre lui e suo padre chiudono la mandria nel recinto. 

Ci viene incontro una signora, che arriva dal sentiero che porta alla baita, la riconosco e le vado incontro, pervasa da un emozione di felicità e di affetto. L’abbraccio, non posso credere dopo trent’anni la rivedo,  è la mamma di Fabio, si chiama Bruna.

Ci invita  far colazione ed entriamo in casa; un caldo tepore ci accoglie, la stufa, “il potagè”, è accesa; mentre mette su il caffè, parliamo del più e del meno.

Il tempo di mangiare le varie prelibatezze che riempiono la tavola e sentiamo il camion dei vitellini che arriva; i cani abbaiano e tutti noi gli andiamo incontro.

Le vacche accerchiano il furgone, muggiscono.




Fabio apre il portellone e fa scendere ad uno ad uno i vitellini, aiutandoli con cura.

Le "mucchine" si avvicinano, muggiscono forte per richiamare il loro piccolo.

E’ il momento più bello ed emozionante della giornata, è quando Fabio riunisce un vitellino che non trovava la sua mamma, lo prende in braccio e glielo porta, attraversando tutto il pascolo. 

Guardo quella scena mentre lo riprendo la macchina fotografica, provo una tale gioia,  quel giovane uomo ha fatto breccia nel mio cuore.


Si siede e mi chiede: “Cosa ne pensi Ivana, ti è piaciuta la Transumanza?”

“Ahhh non sai quanto!” rispondo. 


Mi sorride:  “Questa è la mia vita, non la cambierei per niente al mondo.

Tutto questo…, la mia mandria…, questo paesaggio…, fa parte di me da sempre.”

Si ferma un attimo e riprende nel suo racconto:

“Anche se ho avuto momenti da bambino che odiavo stare a presso le vacche, vedevo gli altri andare in vacanza al mare, mentre io ero qui.

A scuola ero considerato uno zingaro, perché vagavo su per le montagne, ed un pò ne ho sofferto.




Mi sono diplomato in una scuola tecnica meccanica, dai Salesiani, ho imparato un mestiere, ma alla fine ho scelto di fare questo: il Margaro.




La fabbrica non fa per me, non mi accontento di uno stipendio e non mi piace rimanere chiuso per 8 ore.


Amo questo lavoro, anche se è faticoso, anche se mi tocca alzarmi presto al mattino per mungerle.


Spero di esser sempre qui.

Perché non devi esserci più qui? Le chiedo.

“Le cose in Valle stanno cambiando, ci sono leggi che non ci tutelano. 


Viviamo in una burocrazia che ci ammazza con le sue scartoffie, mentre dovrei solo preoccuparmi di loro e non correre dietro ai burocrati”.


Mi accorgo che è preoccupato e cerco di cambiar discorso, per non rattristarlo troppo. 


Oggi per lui è una festa, la Transumanza è considerata una grande festa per il popolo pastorale.




Così ridendo e scherzando,  le dico: “Dai su che hai bisogno di una moglie, di una donna… 

Ride… Sei matta? Io?!!!  Nooooo non è possibile!

Chi vuoi che faccia la mia vita? 

Deve essere una come me, ed oggi giorno è difficile, pensano tutte a laccarsi le dita.

No, non credo che mi sposerò mai.

Ora cambia lui discorso dicendomi: “Sah! Andùma a mangè…

Lo seguo e con lo sguardo vedo che rientra su in casa,  identifico in lui tre parole esatte:

Lavoro, Passione, Tradizione. 

Video della Transumanza 

Nota: Le foto dell'articolo possono essere visionate a pieno schermo se vengono cliccate.


Foto e Testi Ivana Motto Cleo


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