Borgo di Corveglia


Alla 61° Sagra della Tinca e dell'Asparago avevo sentito parlare di un piccolo borgo.


Ieri, grazie a qualche ora libera,  ho colto l’occasione per fare un mini tour  naturalistico nei dintorni di Poirino e Villanova D’Asti, ma sopratutto per incontrare un altro allevatore di Tinche Gobbe Dorate DOP.











Nella bellissima campagna dai colori accesi dell'Altopiano di Poirino ho trovato un castello: Il Castello di Corveglia dell’Agriturismo Daij Gépolìn .


Il borgo, che attualmente è stato recuperato  e trasformato ad uso ristorazione, è stato uno tra i maggiori centri di ospitalità per pellegrini del Piemonte medievale.


Situato ai confini di Poirino,  il borgo è ben visibile dalla statale; vi si accede entrando in un bel viale alberato e alla fine del quale si può ammirare il campanile del XII che spicca maestoso.


Trovo ad accogliermi Jacopo Brossa, il gestore dell’Agriturismo, che  mi mostra la sua tenuta e mi parla delle sue caratteristiche.


Nel cortile sotto un pergolato, in bella mostra,  vi è  una grande  teca in cui nuotano  delle Tinche Gobbe Dorate del Pianalto di Poirino.



Chiedo se le ha portate al concorso della Sagra, mi risponde di si,  domenica 13 maggio ha partecipato al concorso della Tinca più bella. 



“Ero emozionato ogni volta, perché ci tengo particolarmente  è una bella gara, una bella Sagra, vi partecipa tutto il paese e i comuni vicini e io  cerco sempre di dare il meglio, poi vedi Ivana guarda che posto.




















I visitatori nell’Agriturismo hanno la possibilità di gustare le tipicità del Pianalto: tinche gobbe dorate, galline bionde, asparagi, carni bovine e salumi dell’annessa cascina. 

Tutti prodotti nostri del posto".



Passeggiamo lungo il viale qualche foto, quando entriamo e mi porta in visita nei suoi interni, bellissimi capitelli  trecenteschi e soffitti del Quattrocento, ampie sale che utilizza per cerimonie e convegni.



Mi racconta, mentre mi porta in visita negli interni del Castello, che  è un luogo d’antiche origini, come testimoniano le imponenti architetture superstiti.


Tra le tante leggende che riguardano il Castello, la più celebre forse risale agli accadimenti che portarono la famiglia Ricci di San Paolo e Solbrito a occupare e trasformare in fortilizio quello che, in origine, era un ospitaliere per pellegrini.



Pare che, verso la metà del XIV secolo, a seguito d’un grave crisi 
finanziaria dell’ospedale, uno dei canonici tal Clemente Ferrari, 
lasciò la veste e, spalleggiato da alcuni confratelli, s’impadronì del 
feudo e si dette al brigantaggio.

Gli ex religiosi avrebbero così sequestrato e ucciso 

Bernardino Ricci, signore di San Paolo e Solbrito

scatenando la reazione dei figli che, conquistata Corveglia, 


avrebbero decapitato Clemente e i suoi senza pietà.




Vuole tradizione che, da allora, il terribile Clemente e i

canonici, tutti rigorosamente privi della testa, nelle notti di 

novilunio emergano dalle nebbie della campagna per 

marciare in processione verso il borgo e solo vergando gli 

stipiti con piccole croci sia possibile respingerne l’orripilante 

avanzata. 




Lo sventurato Bernardino Ricci, dal canto suo, pare 

condannato a cercare eternamente scampo, senza trovarlo,

da quelle antiche mura.




Leggende? Chissà… che tali racconti muovano da fatti storici 

è pressoché certo. 

Sono tuttora in molti ad asserire d’aver intravisto la

spaventosa processione dei decollati o percepito la presenza

dell’inquieto Bernardino.




Dopo i restauri, una pur solida finestra del secondo piano, 



sempre la stessa, è spesso trovata 

aperta senza apparente 

motivo. 



Che sia il vecchio conte in cerca di 


libertà? 



Quella finestra è oggi scherzosamente 

detta “La Bernardina"




Tutto questo me lo racconta mentre saliamo fino all’ultimo 

piano ed entriamo nella  sala adibita alle conferenze,

rimango a bocca aperta, la stanza con le travi a vista,

pavimenti in parquet e finestre che danno sulla campagna 

fiorita.

















Una meraviglia, al secondo

piano la sala, al momento

non utilizzata, con tante sedie

sono riposte all’insù, in ordine

pronte per l’uso.





Finiamo il giro terminando al piano terra, nelle sale da ricevimento con interni bellissimi adornati da capitelli  trecenteschi e soffitti del Quattrocento. 

Un posto da Sogno.






Nota: 

Le foto dell'articolo possono essere visionate a pieno schermo se vengono cliccate.




Foto e Testi Ivana Motto Cleo


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